Zumthor è il poeta dell’architettura, sia nelle opere costruite, sia nell’espressione verbale. Le sue parole – chiare, sensuali, sciolte, profondamente partecipate – rivelano la stessa rigorosa eloquenza degli edifici, dove non vi è mai nulla di troppo, tutto è scelto con precisione e possiede uno straordinario potere evocativo. Parole atti sono una cosa sola.
Diamo la parola al premio Pritzker 2009 PETER ZUMTHOR dell’atelier Zumthor & Partner, Haldenstein.

La Risonanza Dei Materiali
“Il mio modo di intendere l’architettura è sempre molto fisico. Amo i materiali che si consumano, si conservano e possiedono una loro risonanza. Nell’atto del costruire risiede, per me, il nocciolo vero e proprio di ogni compito architettonico. È attraverso questo atto, in cui materiali concreti vengono congiunti ed eretti, che l’architettura pensata entra a far parte nel mondo reale. Guardo con rispetto all’arte del congiungere, alle capacità dei costruttori, degli Artigiani e degli Ingegneri. Il sapere dell’uomo relativo alla realizzazione delle cose, implicito alla sua bravura, mi impressiona. Cerco quindi di progettare delle costruzioni che rendano giustizia a questo sapere, e che inoltre, siano degne di sfidare questa bravura.”

Prossimità dei materiali
Esiste una prossimità critica fra i materiali che dipende dal tipo di materiale dal suo peso. In un edificio si possono avvicinare materiali diversi. La realtà dell’architettura e l’oggetto concreto in cui vengono posti in essere forme, volumi e spazi. Non esistono idee, se non nelle cose. Ho sempre avuto la sensazione che questo architetto, Palladio, questo costruttore fosse dotato di una notevole sensibilità per la presenza e il peso dei materiali, insomma, proprio per le cose di cui ho cercato di parlare ora. Trovo che questo sia il primo e più grande mistero dell’architettura, il fatto che raccoglie oggetti e materiali nel mondo per dar vita a questo spazio. Per me l’architettura ha a che fare con l’anatomia… Così come noi abbiamo il nostro corpo con una sua anatomia e cose che non si vedono e una pelle eccetera, questa stessa percezione l’avverto rispetto all’architettura. La sento fisicamente come membrana, come massa o involucro, tessuto, seta, velluto che mi circonda.

L’atmosfera
L’architettura è di qualità quando un edificio riesce a toccarmi emotivamente. Ma cos’è che mi colpisce in un edificio? E come far passare quella qualità nel progetto?… Una parola che racconta questa qualità è “atmosfera”. Si tratta di una cosa che conosciamo tutti molto bene: vediamo una persona e ne abbiamo una prima impressione. Col tempo ho imparato a non fidarmi della prima impressione, devi dare una possibilità alle persone, mi dicevo. Ma ora che sono un po’ più vecchio devo ammettere che sono tornato alla prima impressione. Le cose stanno un po’ così anche per l’architettura.

La magia del reale
Gli uomini e le cose si influenzano vicendevolmente. È questo il tema con cui mi confronto in quanto architetto. E credo sia proprio in questo tema la mia passione per la l’architettura. Esiste una magia del reale. Da architetto mi chiedo: cos’è la magia del reale? Una fotografia di Baumgartner (anni ’30), scattata nella caffetteria di un pensionato studentesco. Quegli uomini siedono ai tavoli; e si trovano bene. Mi chiedo: sono in grado io, in quanto architetto, di progettare atmosfere come queste? Sono in grado di restituire la stessa intensità e densità? E se sì, in che modo?

L’arte gentile della seduzione
Tra calma e seduzione… Ma esiste anche un modo di sedurre, di indurre a lasciarsi andare, a muoversi liberamente, e questa capacità è nelle mani degli architetti… E’ una capacità che ha un po’ a che fare con la scenografia, a volte. Me ne sto qui, posso essere. Ma ecco che qualcosa già mi attira dietro l’angolo, li cade una luce, e anche qui, e io attraversandola continuo a vagare. Devo dire che questo è uno dei miei massimi piaceri: non essere guidato ma poter vagare liberamente, trasportato dalla corrente. Ogni volta un viaggio alla scoperta di nuovi territori.

Disegno e anatomia
Di tutti i disegni che gli architetti producono, gli esecutivi sono quelli che preferisco. Sono esaustivi e obiettivi. Destinati agli specialisti che danno corpo materiale all’oggetto ideato, sono affrancati dalla regia di una rappresentazione associativa. Non tentano più di convincere e avvincere come i disegni di progettazione. Il loro connotati sono la certezza e l’affidabilità. Sembrano dire: “esattamente così sarà”. Gli esecutivi hanno il carattere di disegni anatomici. Rivelano una porzione di quel segreto e di quella tensione interiore che il corpo architettonico portato a compimento non denoterà più così apertamente: l’arte dell’unire le parti, le geometrie nascoste, l’attrito dei materiali, le forze interiori attinenti al sorreggere e al trattenere, il lavoro umano racchiuso nelle cose. Sviluppo i miei disegni nella prospettiva di quel delicato punto di visibilità in cui diventa possibile cogliere l’atmosfera di fondo ambita, senza che essa risulti disturbata da elementi accidentali. In ogni creazione in sè compiuta risiede una forza magica. Un corpo architettonico pienamente sviluppato sembra avere il potere di incantarci. All’improvviso il nostro sguardo cade su un dettaglio, rimanendo meravigliato: due chiodi nel pavimento, che tengono unite le lastre di acciaio accanto alla soglia consunta… Affiorano i sentimenti. Qualcosa ci commuove.

Musei: promuovere la trascendenza
Il modo in cui immagino museo è questo: credo nei valori spirituali dell’arte e ho sperimentato in prima persona che le opere d’arte possono promuovere la trascendenza. Ci suggeriscono che siamo parte di un qualcosa di più grande che va al di là della nostra comprensione. Io sono affascinato da questo elemento non razionale, mentale o spirituale, che appare con la massima evidenza, ad esempio, nel primo romanticismo tedesco di Novalis e Friedrich.

La luce sulle cose
Riguardo al tema della luce naturale o artificiale non vi nascondo che la luce del giorno, la luce sulle cose mi colpisce a volte a tal punto da farmi pensare che in esse vi possa essere un’entità spirituale. Quando il sole sorge al mattino… E torna a illuminare le cose, io penso, che luce! Non è di questo mondo! Non riesco a capirla questa luce. Ho l’impressione che vi sia qualcosa di superiore che va oltre la mia comprensione. E sono felice, sono davvero grato che questa cosa ci sia.

Musica
Mi viene anche in mente la parola “temperare” forse proprio nell’accezione latina che si usa il riferimento al pianoforte, ovvero la ricerca della giusta accordatura. In senso letterale e figurato. La temperatura di cui parlo e quella fisica e probabilmente anche quella psichica: in ciò che vedo, che sento, che tocco, perfino con i piedi. Conosciamo ovviamente la nostra reazione emotiva nella musica. Nel primo movimento di questa sonata per viola di Brahms non appena entra la viola ecco l’emozione. E non si sa perché. Anche nell’architettura è un po’ così. Percepisco delle analogie con le composizioni contemporanee che vanno ascoltate nello stesso modo in cui si ammira un quadro: operano attraverso la densità, lo spazio, il movimento e il colore tonale. Non mi dispiacerebbe essere compositore. Magari nella prossima vita.

Credit to @Architetti – i Vincitori del Pritzker Prize 1979-2010